Ottone I, la vittoria di Lechfeld e il rallentamento delle invasioni magiare
Nell’estate del 955 la Sassonia era in fiamme. Gli Ungari avevano attraversato in massa il confine ed entrati in territorio tedesco si erano abbandonati a saccheggi e violenze: interi villaggi erano stati distrutti, i contadini uccisi spietatamente e le donne violate senza riguardo. Interi feudi erano ridotti ad un cumulo di macerie fumanti e la nobiltà tedesca restava impotente. Le dimensioni dell’incursione magiara erano tali da far supporre che non si trattasse di una semplice razzia ma di un tentativo di invasione in piena regola. In quel momento il sovrano di Germania, Ottone I era al di là del fiume Elba, alla guida di una campagna per schiacciare le incursioni degli slavi orientali, i Vendi. Proprio quando era impegnato nelle operazioni di guerra, gli giunse la notizia dell’invasione dei Magiari a sud-est.
L’INVASIONE DEGLI UNGARI
Gli Ungari o Magiari erano una popolazione pagana e seminomade che nell’896 d.C. abbandonarono la costa nord del Mar Nero e oltrepassata la barriera dei Carpazi, occuparono le grandi pianure della Pannonia. Annientato rapidamente l’impero moravo, il comandante che stava alla testa della spedizione, di nome Arpad il Conquistatore, iniziò una frenetica attività di saccheggio delle più ricche città tedesche poste sull’altra sponda dell’Elba e del Danubio. Nel 919 Enrico l’Uccellatore tentò di porre un freno al flagello magiaro ma sconfitto nella battaglia di Punchen, fu costretto a pagare un tributo decennale. Tutto proseguì così fino al 932 quando, rifiutatosi di pagare, Enrico si pose alla guida di una nuova coalizione feudale che si scontrò l’anno dopo nei pressi di Merseburgo in Sassonia ottenendo la prima vittoria contro i diavoli Ungari. La sconfitta però non mortificò i Magiari che presto ripresero i saccheggi che proseguirono senza sosta fino al culmine raggiunto nell’estate del 955 quando l’invasione straniera fu così massiccia da assumere l’aspetto di una vera e propria guerra di conquista.
Per Ottone scontrarsi contro i Magiari era impresa complessa perché disponeva di un numero ridotto di cavalieri: molti infatti furono i duchi e i conti che non risposero alla sua chiamata e alla fine riuscì a riunire intorno a sé circa 3000 uomini tra Franchi, Bavari, Sueri e Sassoni radunati tutti intorno alla “sacra Lancia” che Ottone aveva ereditato dal padre. Enrico l’Uccellatore infatti nel 926, aveva acquistato per suo fratello Rodolfo II di Borgogna una lancia che, secondo la leggenda, era appartenuta all’imperatore Costantino. Non era una lancia qualsiasi: si diceva infatti che si trattasse della lancia con la quale il centurione Gaio Longino aveva trafitto il costato di Cristo e che tra gli altri, fosse appartenuta anche a Carlo Martello, nonno di Carlo Magno.
LO SCONTRO DECISIVO PRESSO IL FIUME LECHFELD
Lo scontro contro i pagani magiari, definiti da Ottone “nemici di Cristo”, assunse presto caratteri sacrali. Il 9 agosto 955 mentre seguiva il corso del fiume Lech, un affluente del Danubio, scorse in lontananza il fumo nero dell’accampamento magiaro: gli Ungari alle prese con l’assedio di Augusta, venuti a sapere che le truppe reali si stavano avvicinando, interruppero l’assalto e marciarono verso di loro. All’alba Ottone avanzò verso l’accampamento nemico pensando di coglierlo di sorpresa ma cadde in un’imboscata: 50.000 Magiari, in maggioranza cavalleggeri, con una manovra avvolgente si gettarono sulla retroguardia sassone e uccisero buona parte dell’esercito di Ottone. Solo i cavalieri loricati sassoni, che vestivano un’armatura pesante, resistettero alla pressione nemica.
Fu questo il momento in cui, secondo il racconto del cronista sassone Vitichindo di Corvey, Ottone sollevò la sacra Lancia e gridò ai suoi uomini:
“Chi siamo noi per arrenderci di fronte a un simile nemico? Noi, che dovremmo vergognarci per il solo fatto di pensarlo! Noi che siamo i padroni di tutta l’Europa. Ci sono superiori in numero, lo so, ma non hanno né le nostre armi, né il nostro coraggio. Sappiamo anche che essi non hanno l’aiuto di Dio, e questo ci è di grandissimo conforto!”.
Galvanizzati i tedeschi caricarono i Magiari i quali, dopo una prima salva di frecce, furono investiti dalla cavalleria loricata. Di fronte all’assalto degli uomini di Ottone, tutti ricoperti di ferro, i Magiari cominciarono a cedere, a fuggire e ad annegare nel fiume. La disfatta fu completa e le fonti riferiscono di un terribile massacro.
Ottone non ebbe pietà e al termine della battaglia, catturati i principi magiari, li fece portare a Ratisbona dove furono impiccati nel palazzo reale. Dopo tale disfatta, nella quale perirono circa 30.000 guerrieri magiari, il re Taksony avrebbe interrotto le incursioni ungare e in breve tempo anche l’Ungheria si sarebbe convertita al Cristianesimo. La battaglia di Lechfeld rappresentò per Ottone un immenso trionfo e i soldati esultanti lo acclamarono con il titolo di imperator. Qualche mese dopo, una netta vittoria contro gli Slavi gli permise di mettere definitivamente al sicuro i confini. Per l’imperator era giunto il tempo di tornare a “restaurare” l’Impero in Occidente.