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La battaglia di Cheronea, la morte di Filippo e l’ascesa al trono di Alessandro

Nei mesi che precedettero la battaglia di Cheronea del 338 a.C. Filippo di Macedonia sia era reso protagonista di una politica molto particolare: aveva infatti occupato buona parte delle principali città greche tra la Tracia e la Penisola Calcidica, colonie soprattutto ateniesi che seppur formalmente indipendenti, (visto che di fatto avevano le loro magistrature e conducevano i propri affari in autonomia), mantenevano pur sempre con la metropoli d’origine un profondo legame non solo di tipo culturale ma principalmente di carattere commerciale. Scopo di questa manovra fu quello di mettere bene in chiaro alle ricche città greche del sud che tutta quell’area era considerata di sua pertinenza e non avrebbe ammesso nessun tipo di ingerenza esterna. Così, con l’obiettivo di recidere il cordone ombelicale che legava le città del nord alle loro città madri, una dopo l’altra caddero Potidea, Olinto e Bisanzio provocando in particolare l’irritazione ateniese che aveva disseminato di colonie il nord dell’Egeo per sfruttare al massimo il traffico del grano proveniente dal Mar Nero.

La città rimase a lungo spettatrice impotente degli eventi, poiché al suo interno si spaccò profondamente: i democratici, guidati principalmente da Demostene, si convinsero infatti che Filippo li avrebbe prima o poi privati della libertà mentre i ceti più conservatori e gli intellettuali di maggior spicco riconoscevano in lui il condottiero che avrebbe permesso alla Grecia intera di superare il sanguinoso sistema di lotte intestine che da sempre contraddistingueva i rapporti politici tra le póleis per unirsi contro il nemico comune, il gigantesco impero persiano, il colosso che dalle rive del Danubio fino alla valle dell’Indo aveva più di una volta tentato di attraversare l’Egeo e fare dei Greci i suoi sudditi.

LO SCONTRO A CHERONEA CERTIFICA LA SUPERIORITÀ DELLA FALANGE MACEDONE

Filippo, per nulla intimorito dalle possibili conseguenze continuò la sua politica espansionistica e quando si formò una nuova coalizione che riuniva sotto di sé le più importanti leghe del tempo, da quella Delio-Attica guidata da Atene a quella Beotica dominata da Tebe, non fece mistero di cercare quanto prima il confronto armato che avrebbe risolto, in un senso o nell’altro la questione. Lo scontro avvenne nella piana di Cheronea in Beozia. Dicono le fonti che anche il figlio Alessandro prese parte alla battaglia alla testa di un’ala di cavalleria e il suo operato ebbe un peso decisivo: Filippo infatti non disponeva delle risorse per permettersi le costose armature delle fanterie oplitiche greche che comprendevano l’elmo, la corazza, gli schinieri, il possente scudo, la spada e il pugnale, quindi per sopperire a ciò fu proprio la cavalleria divenne il suo asso nella manica.

Schieramenti della Battaglia di Cheronea
Schieramenti ed iniziali movimenti delle forze macedoni e greche nella battaglia di Cheronea del 338 a.C. .

Questa da sola però non poteva tirare giù un blocco di fanti pesanti disposti a quadrato: per questo era necessario trovare il modo di inchiodare gli opliti nemici sulle sue posizioni per permettere alla cavalleria di aggirarli attaccandoli alle spalle. Fu così che escogitò il perfezionamento dello schieramento a falange, quello cioè contraddistinto da unità disposte su tre file con lance di lunghezza progressiva e che giungendo fino alla prima costituivano un muro impenetrabile. Fu l’uso delle sarisse a cambiare le carte in tavola. Le sarisse, le lunghe lance in uso tra i falangiti macedoni permettevano infatti di tenere a distanza gli opliti greci che resi più vulnerabili nella loro avanzata diventavano più facilmente aggirabili: secondo un antico proverbio attribuito a Filippo, la falange rappresentava l’incudine e la cavalleria era il martello.

Filippo II di Macedonia.
Ricostruzione del volto di Filippo II di Macedonia. Da notare la cicatrice sull’occhio destro perso nel corso dell’assedio di Motone. Illustrazione di Arch. Panaiotis Kruklidis.

La battaglia durò un giorno intero e la superiorità tattica e strategica della falange macedone non diede scampo ai Greci: al tramonto il campo di battaglia era un cimitero e delle armate nemiche, compreso l’invincibile battaglione sacro dei Tebani (chiamato così perché ogni compagno era legato da un giuramento, un vincolo sacro che ne impediva la resa) venne sterminato. Celebre fu poi la fuga dell’ateniese Demostene che, abbandonata la battaglia passando per un valico montano così da tornare in fretta ad Atene, lasciò il campo a Filippo. Narrano le fonti che il macedone ormai padrone della situazione e in preda alla febbrile esaltazione dello scontro, si aggirò tra i caduti intonando grida di vittoria: la Grecia era ormai in suo pugno. Tebe si arrese per prima poi Atene, inerme, fece altrettanto.

Filippo non infierì sui vinti ma cerco di costruire le basi per una nuova intesa, preoccupandosi di riunire quanto prima tutte le póleis contro il comune nemico persiano: inviato Alessandro ad Atene a restituire i cadaveri dei caduti riuscì a ben disporre gli animi del partito ateniese filo-macedone e al contempo a ottenere una maggiore benevolenza anche da quella parte della città a lui ostile fin dal primo momento. D’altronde Atene aveva ben poche alternative e di fatto non poté tirarsi indietro quando l’anno successivo alla sconfitta di Cheronea, fu costretta ad entrare nella Lega di Corinto, un’alleanza panellenica secondo la quale tutti i membri partecipanti riconoscevano il primato della Macedonia e si impegnavano a non farsi reciproca guerra. Obiettivo comune restava però uno soltanto: abbattere definitivamente il secolare nemico persiano.

FILIPPO E LE NOZZE CON EURIDICE: UN’UNIONE INVISA A MOLTI

Le cose però scivolano rapidamente verso un andamento insospettabile: tra il 337 e il 336 si narra infatti che Filippo, ormai al culmine del suo potere, perse la testa per una donna figlia di uno dei nobili macedoni più in vista della corte: Euridice. Questa partorì una bambina, a cui diede il nome di Europa e un bambino, un erede indesiderato, che attirò le malevole intenzioni di Olimpiade, la regina madre dalla quale Filippo si era recentemente separato. Portato al culmine l’astio sotterraneo che da tempo strisciava in seno alla famiglia reale, avvenne che, nel corso del banchetto nuziale del re, al quale Filippo volle anche la partecipazione di suo figlio Alessandro e della madre Olimpiade, l’atmosfera di giubilo degenerasse in una rissa. Cosa accadde? Attalo, lo zio della sposa, (fratello del padre di Euridice nonché suocero del re per via della morte prematura del padre della ragazza), ebbe l’ardire di fare un brindisi agli sposi, richiamando la benedizione degli dei affinché calasse sui coniugi e su un prossimo “erede legittimo al trono”. A queste parole Alessandro perse la testa e lanciatosi contro Attalo con l’intento di affrontarlo, venne fermato all’ultimo da Filippo il quale però, nel tentativo di passare da un letto tricliniare ad un altro, inciampò e cadde a terra in una pozza di vino. Sembrerebbe che a quel punto Alessandro, senza pietà e con tono sprezzante esclamò:

Ecco l’uomo che vuole passare dall’Europa all’Asia e che non è nemmeno capace di passare da un letto all’altro senza cadere a terra”.

Fu chiaramente un’offesa sanguinosa, non solo perché metteva in dubbio le capacità politiche e militare del padre ma alludeva anche al cambio di letto che questo aveva praticato, passando da quello di Olimpiade a quello di Euridice.

La situazione all’interno della famiglia reale si fece così incandescente che Alessandro e la madre dopo il banchetto preferirono riparare in Epiro dove regnava lo zio di Alessandro, suo omonimo e fratello più giovane della regina. Poi, dopo un po’ Alessandro, forse per non imbarazzare lo zio per via della sua presenza, pare che si avventurasse in pieno inverno tra le innevate montagne dell’Illiria. Passò del tempo e alla fine Filippo, sbollita la rabbia nei confronti del figlio lo richiamò a corte: per superare poi l’influsso venefico che Olimpiade esercitava sul re dell’Epiro, decise di stringere con lui un accordo matrimoniale, offrendogli la mano della figlia Cleopatra. Il re epiriota accettò di buon grado e ad Ede, l’antica capitale del regno, si organizzò la cerimonia: nel giorno del banchetto, la processione nuziale mosse verso il teatro della città dove erano in attesa tutti gli invitati delle principali città della lega panellenica.

L’ASSASSINIO DI FILIPPO II DI MACEDONIA

Il corteo era guidato dai sacerdoti a cui facevano seguito dei fanciulli abbigliati come amorini e le statue dei dodici dei dell’Olimpo, una sinuosa fiumana che giungeva fino al re, il quale ignaro non poteva immaginare che sul cui capo si stesse per abbattere un terribile destino. Un attimo prima di entrare in teatro si fermò per licenziare la sua guardia del corpo: sembrerebbe infatti che non amasse presentarsi ai delegati delle città greche attorniato dagli armigeri come solevano fare i tiranni. Fu questo però un errore fatale: infatti appena messo piede nel teatro, un uomo, un ufficiale delle sue guardie, sbucò all’improvviso dal buio della galleria d’ingresso e gli infilò una spada nel fianco. Ricoperto del suo sangue, Filippo stramazzò al suolo e mentre il caos serpeggiava tra gli invitati e si tentava di prestare soccorso al re agonizzante, alcuni soldati montati a cavallo si misero subito all’inseguimento dell’assassino: le fonti dicono che l’uomo fosse un certo Pausania di Orestide e che era atteso da alcuni sodali presso una collinetta non lontana dal teatro ma poco dopo, inciampato in una radice di un albero di vite, venne raggiunto e massacrato dai suoi inseguitori.

L'assassinio di Filippo II di Macedonia.
Il misterioso assassinio di Filippo II che spiana ad Alessandro la strada per il trono di Macedonia.

L’ASCESA DI ALESSANDRO AL TRONO DI MACEDONIA

Ancora oggi gli storici non sono riusciti a capire chi fu il vero mandante dell’omicidio di Filippo, visto che l’unico testimone che poteva svelarne l’identità venne “prontamente ammazzato”: si disse a lungo che fu una questione d’amore e che Pausania, amante di Filippo non avesse digerito il suo matrimonio con Euridice e dopo una scenata, catturato dagli uomini di Attalo durante una battuta di caccia, venne sottoposto a violenze e torture per una lunga e terribile notte. Chiesto a Filippo di vendicarlo per l’oltraggio subito, non avrebbe preso bene il rifiuto del re sul quale riversò il suo risentimento, uccidendolo. Una versione privata questa che non convince del tutto.

Filippo in realtà aveva molti nemici che avrebbero potuto armare qualcuno con l’obiettivo di toglierlo di mezzo: dall’Impero persiano, che già da diverso tempo temeva l’intervento armato delle forze greche; agli Ateniesi e i Tebani sconfitti nella battaglia di Cheronea e che non digerivano la subalternità politica al dominatore macedone; alla regina Olimpiade che si era vista messa da parte ed umiliata dal re che le preferì la giovane ed avvenente Euridice; e perché no, allo stesso Alessandro che con questo gesto non avrebbe più avuto rivali verso la sua ascesa. Ad ogni modo Filippo era ormai già storia passata e una volta che ne furono curate le esequie, Alessandro, prese il potere come nuovo re: la Grecia stava per vivere un nuovo inizio.

PER SAPERNE DI PIÙ:

2 thoughts on “La battaglia di Cheronea, la morte di Filippo e l’ascesa al trono di Alessandro

  • Dicembre 13, 2019 alle 7:20 pm
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    Gentile redazione di CroniStoria,
    ho notato che avete utilizzato la mia ricostruzione di Filippo II il Macedone senza la presenza della tag o firma apposta sull’immagine e neanche usato una eventuale citazione alla pagina o all’autore della stessa.
    Vi chiedo cortesemente di provvedere alla correzione o di eliminare l’illustrazione usata indebitamente.
    Arch. Panaiotis Kruklidis

    Rispondi
    • Dicembre 14, 2019 alle 10:32 pm
      Permalink

      Provvediamo quanto prima ad aggiungere il suo nome sotto la didascalia. Grazie per la segnalazione.

      Rispondi

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