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I druidi dell’antico mondo celtico

La parola ‘druido’ evoca lo stesso mistero che avvolge la figura dei medesimi posizionandola in un passato antico in cui religione e spiritualismo dell’uomo vanno a confondersi con le radici non solo della civiltà, ma della stessa esistenza della specie umana. Il termine druido sembrò derivare inizialmente dal latino, il quale la riprese dall’antica lingua celtica: “duir’’ (da ‘drwid’), ovvero ‘quercia’ e “vir’’ cioè saggezza, (che contiene la stessa radice del verbo latino “videre’’ (‘vedere’) da cui si deduce che la parola ‘druido’ potesse stare ad indicare “colui che sa attraverso la quercia’’. In realtà altri studi sembrerebbero propendere per un’altra ipotesi: non sarebbe ‘drwid’ (appunto ‘quercia’) la radice da cui deriverebbe il termine druido, bensì la molto simile ‘drv’ che vuol dire “sapiente’’. L’interpretazione del termine druido, comunque, è ancora oggetto di discussioni, ma sia il prefisso dru (quercia) e wid (sapiente) sono ormai unanimemente accettate dando a ‘druido’ il valore di “conoscitore della quercia”, dove la quercia è l’albero legato ai miti primordiali della nascita dell’universo, concetto simile a molte antiche civiltà europee.

Druidi nella foresta
Druidi riuniti attorno ad un albero intenti nell’antica raccolta del vischio.

NON UNO MA MOLTI DRUIDI

Poche informazioni forniscono le fonti classiche riguardanti la gerarchia e le funzioni della figura dei druidi, la classe sacerdotale dell’antico mondo celtico. Il druido, sia nella Gallia che nell’Ibernia (Irlanda) aveva un ruolo specifico che ne caratterizzava diverse categorie, anche se in realtà compiti e caratteristiche erano un po’ comuni a tutte queste ‘specializzazioni‘. Detto ciò, quindi, è possibile, da antiche fonti ritrovate nell’antica Ibernia, o riscontrabili dai riferimenti degli autori classici, individuare caste o categorie in cui si divideva questo particolare gruppo sacerdotale. Una prima suddivisione vede tre categorie. Una prima di queste tre caste è quella dei druidi veri e propri, i quali non avevano solo compiti religiosi, come il culto propriamente detto, e dei sacrifici, ma anche importanti responsabilità sociali nei confronti del popolo come l’amministrazione della giustizia e dell’educazione. Inoltre essi avevano l’importante ruolo di osservare, controllare e consigliare chi gestiva il potere politico.

La seconda categoria raggruppava coloro che erano dediti alla poesia e alla canzone, ovvero le arti: in Gallia il termine per identificarli era ‘bardi’ mentre in Ibernia erano chiamati ‘filid’ (cantastorie). Ad essi erano affidate materie come la genealogia, la declamazione delle leggende, dei poemi e dei miti, accompagnati dal suono dell’arpa celtica (ma non degli strumenti a fiato e a percussione). Inoltre era loro affidata la costruzione di abitazioni e fortezze, la quale sta a dimostrare come il loro ruolo si allargasse dall’ambito spirituale, e comprendesse anche quello civile e militare. Il terzo gruppo era quello degli indovini, che per i Galli erano ‘vates’ mentre per gli Ibernifaith’. Le loro competenze erano su materie come medicina e astrologia, ma in particolar modo la veggenza, la divinazione e l’interpretazione di segni e presagi. Un’altra schematizzazione vede questa classe sacerdotale divisa in sei grandi gruppi. Gli Atheberth con compiti di veggenza e divinazione. I Brithem, i quali avevano il ruolo di conoscere ed applicare la legge. I Filidh, gli indovini veri e propri. I Gutuater, gli esortatori, che eseguivano i riti religiosi ed invocavano gli Dei. I Liaigh, i guaritori, a cui era affidata la medicina, chirurgica, magica e vegetale. Gli Scelaige, matematici, coloro che valutavano con grande precisione qualsiasi valore numerico, sia che esso fosse il numero di un’armata nemica, sia che esso fosse il conto degli alberi da frutto o l’estensione di un terreno.

DRUIDI E DRUIDESSE?

Restano nebulose invece notizie di donne che avessero accesso al ruolo di druido. Sebbene ci siano fonti che riportino come ci fossero donne abilitate al sacerdozio druido, e quindi di ‘druidesse’ (soprattutto in Ibernia), pare che il loro ruolo fosse secondario e i loro compiti marginali nella vita sociale dei loro popoli rispetto ai loro ‘colleghi’ uomini: ad esse era affidato soprattutto la pratica della divinazione. Uno dei più celebri aneddoti riguardanti una ‘druidessa’ della Gallia vede quest’ultima, nel III secolo d.C. profetizzare a Diocleziano la sua ascesa al trono imperiale se egli avesse ucciso un cinghiale: la profezia effettivamente si avverò dopo che Diocleziano uccise il prefetto del pretorio Arrius Aper (“cinghiale’’ in latino), che aveva assassinato il precedente imperatore, Numeriano.

LA SAPIENZA E IL POTERE DEI DRUIDI

Tra i druidi dell’antico mondo celtico poteva esistere, oltre che una particolare separazione di tipo ‘specialistico’, che assumeva diverse connotazioni da tribù a tribù, anche una gerarchia di tipo morale, o se non altro, ‘meritocratica’. Ciò si può evincere dalle parole di Cesare:

‘‘A capo di tutti i druidi c’è un solo uomo, che ha l’autorità somma tra loro. Quando questi muore, gli succede chi eccelle sugli altri per dignità, oppure, se ve ne sono molti di egual grado, viene eletto per suffragio; talvolta i candidati si contendono il primato con le armi’’.

In un primo momento si riteneva che potessero esserci vari druidi di grado superiore, delle sorte di ‘arcidruidi’, ‘grandi druidi’ o ‘druidi capi’, ma in realtà queste figure non esistevano. È sempre Cesare a spiegarlo quando utilizza i termini ‘praeest’ e ‘auctoritatem’ anziché ‘imperat’ e ‘imperium’. Tra i privilegi che i druidi possedevano, vi era l’esenzione dall’attività militare. Cesare scrive:

‘‘Hanno l’esenzione dal servizio militare e da qualsiasi altra prestazione. Spinti da tanti vantaggi, molti, di loro spontanea volontà, accorrono ad apprendere questa dottrina inviati dai genitori e dai parenti’’.

Non c’erano preclusioni di tipo ‘classista’ per diventare druidi, infatti il loro reclutamento non aveva una regolamentazione di stampo ereditario, e sulla carta, chiunque, poteva essere sacerdote, facendo affidamento solo sulla volontà, il desiderio e le capacità di diventare tale in futuro. Tuttavia, i figli potevano seguire le orme del genitore con più facilità, esattamente come chi aveva sangue reale aveva certamente più possibilità di essere eletto monarca rispetto ad altri. I druidi potevano avere gruppi di discepoli più o meno numerosi: nei casi più eclatanti, al seguito del druido, si potevano raggiungere e superare i 100 individui. È il caso del poema epico dell’IberniaTáin Bó Cúailnge’ (La razzia di vacche di Cooley) in cui il seguito del druido era di 150 giovani della nobiltà, alcuni di addirittura di età intorno ai cinque anni. Arrivare ad essere druidi era però molto complicato, la selezione era molto severa e solo una piccola parte degli aspiranti druidi avrebbe raggiunto il traguardo di diventarlo.

ANTICHE E OSCURE CONOSCENZE

Gli interessi e le conoscenze che i druidi dovevano possedere erano davvero grandi e spaziavano tra numerose materie. Dalle parole di Cesare, sappiamo che essi sapevano di astronomia, cosmologia, cosmogonia, teologia, fisiologia. Quest’ultima, in particolare, era intesa come scienza della natura che apriva le porte della medicina e della divinazione. Ma non solo, i druidi erano obbligati ad avere nel proprio bagaglio culturale, secondo le tradizioni dell’antica Ibernia, la mitologia e il diritto, ovvero l’epica e la legge. Inoltre ognuno di essi era tenuto ad insegnare la materia in cui era ‘specializzato’, esattamente come oggi, con le dovute ed ovvie differenze, avviene nell’istruzione moderna universitaria. A questo proposito, è verosimile che esistessero scuole specializzate per ogni materia e disciplina, poiché Cesare scrive:

‘‘Si ritiene che la dottrina dei druidi sia nata in Britannia e che da lì sia passata in Gallia, e ora chi la vuole conoscere più profondamente si reca per lo più in Britannia ad impararla’’.

La lunghezza di questi insegnamenti poteva essere molto lungo, almeno vent’anni, tenendo presente che la vita media degli individui, era molto più bassa rispetto ad oggi. Particolare il fatto che i druidi non redigessero testi sacri, pur conoscendo il greco antico, che comunque utilizzavano per scrivere testi pubblici e privati: essi affermavano che la parola perisse se essa veniva messa per iscritto nei testi sacri. Cesare riteneva che questa motivazione fosse falsa e celasse in realtà la motivazione di impedire che si venisse a conoscenza dei loro preziosi segreti esoterici.

Prima del cristianesimo, e dell’avvento dell’alfabeto latino, in Ibernia la scrittura era molto particolare. Essa si sviluppava con l’alfabeto ogamico (Ogham craobh), che non possedeva lettere di forma diverse. Le lettere di questo alfabeto erano formate da diverse linee parallele che si diramavano partendo da una linea principale, le quali avevano il vantaggio di poter essere facilmente scolpite: ed infatti lo erano sugli spigoli di roccia ma anche sulle cortecce degli alberi. Cesare intuì presto come il ruolo dei druidi all’interno della civiltà celtica, fosse pressoché determinante ed importantissimo:

‘‘In tutta la Gallia vi sono due classi di uomini che godono di una qualche considerazione e di qualche onore: l’una è quella dei druidi, l’altra quella dei cavalieri’’.

Proprio tra i cavalieri venivano scelti coloro che dovevano governare le varie tribù, e nella scelta di essi, esercitavano la loro pesante influenza, proprio i druidi, i quali avevano la responsabilità ed il compito di vigilare sul corretto svolgimento delle votazioni. Una volta eletto, colui che governava teneva in enorme considerazione i druidi, che diventavano i suoi principali consiglieri. Ed erano tenuti a farlo, poiché essi rappresentavano la memoria storica e il patrimonio della tradizione culturale della propria tribù.

CARATTERI DELLA RELIGIONE DRUIDICA

Due furono i pilastri fondamentali della religione druidica: i sacrifici umani, di cui troviamo riferimenti nelle fonti classiche, e il concetto di immortalità dell’anima, che rappresentava il vero e proprio fondamento dello spiritualismo di cui i druidi erano i possessori. Resta ancora oggi, e forse lo sarà per sempre, sconosciuto il nome con cui i sacrifici umani e il loro rito venissero chiamati dagli antichi popoli celtici. Anche l’eventuale parola nella lingua usata dagli antichi popoli dell’Ibernia resta tuttora un mistero. Successivamente, gli abitanti dell’Irlanda, ormai cristianizzata, omisero del tutto ciò che riguardava questi riti pagani. Di conseguenza, i testi e le fonti da cui avere notizie su queste misteriose cerimonie, restano quelli classici che sono arrivati nell’età contemporanea: Cesare, Strabone, Diodoro Siculo e TacitoCesare descrive come i Galli, al momento di spirare, in procinto di mettere in pericolo la propria vita, prima o a seguito di una battaglia, o a causa di una malattia, promettessero di offrire un sacrificio umano. Lo scopo di ciò era nella convinzione che l’unica forma di esorcizzare la morte, una protezione contro di essa, fosse quella di scambiare la vita di un altro uomo per la propria. Ad occuparsi del sacrificio erano i druidi.

Druidi-bosco
Druido officia antichi riti nelle profondità di un bosco.

Strabone, dal canto suo, rafforza quest’ultima informazione, sottolineando come non esistessero sacrifici umani che avvenissero senza la presenza di un druido. L’uomo sacrificato veniva colpito a morte alla schiena con una spada, e mentre questi era in preda alla convulsioni premorte, il druido aveva il compito di vaticinare e predire il futuro. Tacito, sottolineando anch’esso la centralità della predizione e della divinazione, afferma che i druidi avessero consuetudine nel consultare le viscere umane con lo scopo di osservare e quindi far luce sugli eventi futuri. , La morte alle vittime, poteva essere data in vari modi, ma pare che i metodi principali utilizzati fossero tramite frecce ma anche con la crocifissione all’interno dei templi. Cesare, Diodoro Siculo e Strabone descrivono anche un altro tipo di sacrificio. Questo aveva come vittime dei malfattori, la cui morte si riteneva fosse particolarmente gradita agli dei. Tuttavia, in mancanza di questo tipo di individui, non vi erano proibizioni e impedimenti, formali o morali, per procedere, in loro sostituzione, al sacrificio di persone innocenti. I malviventi dovevano subire inizialmente una prigionia di cinque anni per poi, finito il periodo detentivo essere condotti presso grandi strutture di forma umana, costruite in legno e vimini. Potevano essere condotti all’interno degli edifici in compagnia di animali e di altre offerte: questi venivano introdotti ed ammassati all’interno delle strutture, le quali in seguito erano incendiate. Tutto ciò presente in esse, esseri viventi o cose, veniva arso vivo.

SACRIFICI UMANI E IMMORTALITÀ DELL’ANIMA

Oltre alle fonti classiche, è possibile trovare ulteriori riscontri anche tramite l’archeologia per analizzare questi antichi e cruenti riti. Sono state individuate, infatti, varie aree che erano destinate al sacrificio umano nell’antica Britannia. È il caso di Lindow Moss, nel Cheshire, dove in una torbiera dei dintorni, furono scoperti i resti di un uomo di circa venticinque anni che fu ucciso intorno al 55 a.C.. A seguito delle analisi anatomo-patologiche, furono evidenziate nel corpo dell’uomo i segni di un colpo alla schiena e il doppio trauma in testa a seguito probabilmente dell’impatto con un oggetto pesante. Sembrerebbe inoltre che appeso al collo avesse un sottile laccio usato verosimilmente per strangolarlo. Ed infine, i segni dello sgozzamento finale, prima di essere collocato con la faccia rivolta vero il basso in uno stagno della torbiera. Tutta questa dinamica ha fatto pensare ad un sacrificio operato dai druidi, e le tracce di polline di vischio, pianta sacra presso i Celti riscontrate nei resti, han rafforzato decisamente l’ipotesi, rendendola praticamente certa.

Sacrificio umano celebrato da un druido celtico
Druido celebra un rito misterico che prevede un sacrifico umano.

Per quanto concerne la dottrina druidica, è ancora oggi oggetto di dibattito se gli antichi Celti credessero o no nella reincarnazione. È invece dato per verificato come essi credessero nella metempsicosi (fenomeno ben documentato nella mitologia dell’antica Ibernia), ovverosia il passaggio di elementi immateriali da un corpo ad un altro. Dunque è possibile affermare che i Celti credessero nell’immortalità dell’anima, anche se questa non rappresentava il fattore caratteristico delle loro credenze e tradizioni, che infatti è comune a molte altre religioni a loro contemporanee e anche posteriori. In alternativa, vi era però anche la possibilità di metamorfosi, ovvero la trasformazione in “qualcosa” di altro. Questo prodigio, però (secondo la loro dottrina) poteva avvenire solo in rari casi ed era subordinato al risultato di determinate tecniche esoteriche e magiche, di cui i druidi erano sempre e comunque i possessori.

PER SAPERNE DI PIÙ:

3 thoughts on “I druidi dell’antico mondo celtico

  • Agosto 14, 2019 alle 2:27 pm
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    Intanto ottimo articolo, che rimanda ad ulteriori approfondimenti.
    Per ciò che riguarda la pratica della crocifissione, come forma di sacrificio, sapevo fosse utilizzata con i nemici presi come prigionieri dopo una battaglia. Una usanza che anche i Romani utilizzavano, anche prima delle persecuzioni contro i cristiani (rivolta di Spartaco). Ma a Teutoburgo furono i Germani ad utilizzarle contro i pochi scampati al massacro nella foresta.
    Vi risulta qualche notizia in più al riguardo ?

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  • Febbraio 14, 2021 alle 1:11 pm
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    il vischio a cosa serviva? lo utilizzavano per cure o sacrifici? grazie!

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    • Febbraio 14, 2021 alle 7:48 pm
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      Era una pianta sacra simbolo della sopravvivenza della vita dopo la morte ed era impiegata nei rituali religiosi.

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